Le nuove tecnologie hanno un impatto enorme sul modo di pensare, di riflettere e di apprendere.
L'impatto è più profondo quando il contatto con le nuove tecnologie avviene prima, per questo motivo oggi si distingue tra "nativi digitali", immersi fin dalla nascita nelle nuove tecnologie, e "immigrati digitali", ossia coloro che hanno imparato a usare le tecnologie digitali solo in un secondo momento.
I "nativi digitali", hanno un pensiero multitasking, sono orientati al futuro, alla dinamicità, ragionano in termini di azione, connettività e socializzazione, usano quotidianamente gli ipertesti e cercano sempre un riscontro immediato di quello che pensano o elaborano.
Gli "immigrati digitali", invece, hanno un approccio e un pensiero sequenziale, sono orientati al passato e alla staticità, alla riflessione e all'isolamento.
Negli ambienti multitasking la mente sarebbe infatti talmente sovraccaricata di informazioni da essere costretta a rinunciare all'elaborazione, a favore invece di una maggiore elasticità e capacità di collegamento trasversale.
Numerosi critici hanno iniziato a chiedersi se ci troviamo ormai al tramonto della società del Libro e dell'Interpretazione. Questa domanda ha dato vita a due schieramenti diversi: gli apocalittici, che guardano alla trasformazione con cinismo, e gli integrati, che la accolgono con positività e guardano alle sue potenzialità.
Sempre legato allo studio delle mutazioni del modo di pensare, sta nascendo anche un'altra idea: le tecnologie digitali non incidono tanto sul miglioramento e peggioramento dell'apprendimento, quanto sul rapporto dell'individuo con la conoscenza e l'informazione.
La differenza tra nativi e immigrati si riscontra maggiormente nelle aule scolastiche...
Per esempio: gli insegnanti vedono internet come una fonte da sfruttare per le ricerche, mentre gli studenti sono più interessati ai social network , all'infografica, alle immagini e ai video.
Alcuni paesi come Danimarca o Svezia, stanno sperimentando nuove scuole, dove l'insegnamento viene basato sin dai primi anni sull'utilizzo di tablet e computer, che dovrebbero aiutare a sviluppare maggiormente l'istinto e il modo di pensare intertestuale degli studenti.
In altri paesi c'è invece ancora una buona dose di scetticismo verso la totale tecnologizzazione della scuola, alimentato dal timore di un effetto dipendenza e di un effetto negativo sulla salute fisica (vista affaticata) e sui livelli di apprendimento, che rimarrebbero superficiali e dispersi.
Del fondamento oggettivo di queste paure , però, non vi è attualmente riscontro scientifico.