domenica 25 febbraio 2018

Il mito della caverna di Platone

Platone

Per rendere più comprensibile il suo pensiero, Platone si è servito di artifici letterari, anche se a lui la poesia non piaceva..
Per esempio: il mito della caverna, raccontato nel libro della Repubblica.

Platone immagina che alcuni schiavi siano incatenati fin dall'infanzia in una caverna in modo tale da vederne solo il fondo, sul quale sono proiettate le ombre prodotte da statuette che vengono fatte passare alle loro spalle, al di sopra di un muretto, illuminate da un fuoco. 
Dalla loro posizione, gli schiavi non vedono niente e credono che le ombre siano l'unica e la vera realtà esistente. Uno schiavo, però, si libera e riesce a vedere le statuette, fonte delle ombre; uscito dalla caverna, può capire, quando gli occhi si sono abituati alla luce, che a loro volta le statuette non sono la vera realtà, che è invece al di fuori della caverna. Ma, abbagliato dalla luce, non può vedere le cose subito: deve prima accontentarsi delle immagini riflesse nell'acqua, finché tutto gli appare più chiaro e può alzare lo sguardo addirittura al sole che tutto illumina. 
Lo schiavo, identificabile con Socrate, non si accontenta di tenere per sé la scoperta fatta, ma rientra nella caverna per portare la verità agli altri schiavi: viene prima deriso da chi non crede a una realtà diversa da quella che conoscono, e infine ucciso. 




Il mito illustra bene il presupposto di fondo di tutta la filosofia di Platone, l'unione tra conoscenza, educazione e politica.
Socrate, quindi, vuole comunicare la sua scoperta a tutti gli uomini per liberarli dalla loro condizione di schiavitù: la caverna buia rappresenta la condizione dell'ignoranza che rende "prigionieri" di false credenze e delle passioni.




Platone e l'Accademia

Il primo più importante allievo di Socrate è stato Platone, uno di più grandi filosofi di tutti i tempi. La sua filosofia affronta molti temi, ma nella sua riflessione è centrale l'ideale della giustizia.
Socrate rinuncia alla carriera politica per le proprie origini aristocratiche e ceca fuori da Atene uno Stato meglio governato o nel quale poter esercitare la propria influenza e realizzare una città ideale, i cui tratti sviluppa nella sua opera più importante, La repubblica.
E' in seguito all'insuccesso del primo viaggio che fonda l'Accademia, una scuola che avrà lunga vita e che sarà chiusa dall'Imperatore Giustiniano molti secoli dopo, nel 529 d.C.


E cosa accade dopo la chiusura dell'importantissima Accademia platonica ????

GIUSTINIANO pone fine a auna scuola che era durata oltre 9 secoli. Chiuso il pensiero filosofico ateniese, vengono anche ritirati da tutte le biblioteche dell'impero i testi di 36 generazioni di filosofi. Più nessuna opera resta in circolazione, conosceremo in tutto il medioevo, solo alcuni passi ma anche questi solo indirettamente tramite Agostino, Boezio, Dionigi Areopagista. Da Agostino vennero accolti solo i temi platonici dell'interiorità della verità, della conoscenza come illuminazione.

La curiosità di questo evento che si verifica a Costantinopoli è degno di attenzione ed è un mistero. Eliminato questo platonismo e tutto ciò che veniva dopo il platonismo fino al neoplatonismo accennato sopra, in Bisanzio e di conseguenza anche in occidente, si potrebbe pensare che l'oscurantismo era calato in entrambi i due imperi.
Eppure non era così! Dopo la scissione dei due imperi, si verifica che la cultura bizantina continua a conoscere le opere di Platone e tutto il pensiero filosofico successivo, mentre in Europa occidentale tale conoscenza viene completamente eliminata, non esiste un solo testo in circolazione (anche se sappiamo oggi dagli antichi elenchi di alcune biblioteche che in quasi tutti i grandi monasteri esistevano opere dei filosofi greci).


La scuola di Atene

Platone e alcuni suoi allievi
dell'Accademia

Platone elabora un progetto educativo allo scopo di preparare il nuovo ceto politico. E per trasformare la realtà politica, occorre una rivoluzione culturale.
Platone, rispetto a Socrate, intende rintracciare verità e valori immutabili da realizzare tra gli uomini.
Per attribuire loro stabilità e universalità, Platone li colloca in un mondo ideale, che chiama iperuranio, che significa oltre il cielo, dove sono presenti gli dei e il bene.



Platone considera i concetti di bene, giusto.. Una sorta di "oggetti speciali". Questi enti sono chiamati idee. La conoscenza delle idee è il punto terminale dell'educazione.
Quindi l'educazione è un percorso di conoscenza nel quale vengono selezionati i governanti e formati i cittadini. 
I filosofi devono andare al governo o diventare consiglieri dei governanti. Filosofia, educazione e politica sono strettamente connesse per realizzare la giustizia. 

Platone identifica tre tipi di cittadini: 
  • i produttori: si occupano del benessere materiale della città come agricoltori, mercanti e artigiani;
  • i guerrieri: custodi nei quali prevale la virtù del coraggio e che garantiscono la difesa della città;
  • i reggitori: custodi "perfetti", nei quali prevale la virtù della saggezza e ai quali è affidata la guida dello Stato.
Lo Stato di Platone è uno stato aristocratico, però per aristocrazia si intende una meritocrazia, perché si basa sui migliori per capacità. La sua effettiva realizzazione è affidata allo Stato. Platone si interessa soprattutto dell'educazione delle classi superiori. 

I custodi seguiranno un'educazione tradizionale.
- Fino ai 18 anni: un'educazione comune per maschi e femmine, che inizia con la musica, la quale insieme alla ginnastica concorre a creare un'armonia psico-fisica. Tali discipline sono coltivate anche per una formazione militare
- 18/20 anni: sono gli anni dell'efebato per i maschi (servizio militare)
- 20/30 anni: vengono rafforzati gli studi di matematica
- 30 anni si affronta la dialettica, ossia la filosofia come ricerca della verità e del bene
- 35 anni: i futuri governanti si dedicheranno a un intenso studio della filosofia per quindici anni
- 50 anni: coloro che superano l'ultimo esame, possono dedicarsi alla guida dello Stato. 

Questo severo programma viene poi alleggerito in un'opera successiva, Le leggi, scritta da Platone non in forma di dialogo, che vuole tenere in maggior conto la realtà concreta rispetto all'ideale astratto. Platone tiene conto della affettività dei bambini con attività basate sul gioco: così il bambino comincia a formare la propria personalità.
Queste considerazioni si ricollegano all'importanza che il pensiero di Platone attribuisce all'emotività. L'educazione, secondo il filosofo greco, deve avvenire in un clima di amicizia. 
Quella che oggi chiameremo una buona relazione educativa..
Nel dialogo intitolato Simposio, nel quale si discute dell'amore, Platone fa affermare a Diotima, una sacerdotessa veggente , che "eros (amore) è filosofo, perché aspirando alla bellezza, tende anche alla verità".








sabato 24 febbraio 2018

Socrate: la forza del dialogo

A differenza dei sofisti, Socrate non è un maestro delle arti del discorso, anche se ne fa uso.
Socrate dedica la sua vita alla filosofia: ai suoi allievi non trasmette un insegnamento tecnico, ma morale, per il quale non chiede un compenso.
Socrate insegna ai suoi interlocutori che molte loro convinzioni sono solo opinioni infondate e li induce alla continua ricerca della verità...
Egli stesso è impegnato in questa ricerca, perché l'unica certezza che possiede è quella della propria ignoranza: "io so di non sapere".
La strategia adottata da Socrate è complessa e assume l'aspetto di un vero e proprio metodo.


Socrate ed allievi

 Dialogo socratico:

  1. sequenza di domande ( finge di rinforzare la tesi dell'interlocutore)
  2. ironia (lì si capisce che Socrate non è dalla parte degli allievi)
  3. altre domande (quindi, ci sono 2 livelli)
Questa confutazione apre la strada a un'autentica ricerca della verità. 

Socrate induce chi dialoga con lui a fornire egli stesso una risposta alla domanda iniziale.
Questo aspetto del metodo socratico è chiamato maieutica, un termine che in greco indica l'arte della levatrice. Socrate infatti paragona la propria attività a quella di sua madre, che era una lavatrice (=ostetrica): come la madre aiuta le donne a partorire corpi, così Socrate aiuta le menti a partorire idee. Egli si proclama ignorante, con un atteggiamento che viene definito ironia socratica:
l'ironia sta proprio nel proclamarsi "ignorante" da parte di Socrate e nel considerare l'interlocutore "sapiente", per poi "smascherarlo".
Metodo e scopi distinguono Socrate dai sofisti.
  • A Socrate non interessa la retorica, ma piuttosto la dialettica, come serrato dialogo, guidato dalla ragione.
  • Socrate vorrebbe approdare alla definizione dei concetti di bene e giustizia.
  • Per Socrate la virtù non è insegnabile dall'esterno, ma viene appresa attraverso una ricerca interiore


Proprio per questa ricerca interiore, Socrate è considerato lo scopritore dell'anima come coscienza.
I veri valori, per Socrate, non sono i beni esteriori, come ricchezza, fama o bellezza; i valori da coltivare sono quelli dell'anima: la conoscenza. E' in questo modo, che l'essere umano ottiene la libertà e la felicità.

Secondo Socrate infatti tutti gli uomini agiscono in vista della felicità, , compiendo ciò che ritengono essere il bene, ma spesso per ignoranza scelgono il male al posto del bene.
La posizione di Socrate prende il nome di ottimismo etico, ed è stata ritenuta intellettualistica, perché si affida alla ragione e alla conoscenza..
Socrate inaugura la grande stagione filosofica ateniese che proseguirà con Platone (suo allievo) e Aristotele. Ma oltre che il primo dei grandi filosofi greci, Socrate è anche uno dei più grandi educatori. 




Il teatro greco

Nella Grecia classica il teatro è un'arte di eccezionale importanza.
Nella società greca il teatro è solo in parte un momento di svago. E' in effetti una sorta di grande rituale collettivo, durante il quale vengono celebrati i miti importanti per la città, esaltati i valori condivisi, messe sulla scena questioni di attualità.
La loro funzione educativa è ampiamente riconosciuta.








La struttura di base di un teatro greco:





La tragedia greca (struttura)

La tragedia greca è un'opera letteraria di genere poetico destinata alla rappresentazione teatrale. Essa risulta composta da:
Prologo (pro,logoj):anticipa ciò che accade nella tragedia.
Parodo (pa,rodoj):entrata del coro.
Episodi (evpeiso,dia):in genere quattro o cinque, articolati in scene.
Stasimo (sta,simon):canto del coro, che si inseriva tra gli episodi (di solito quattro).
Esodo (e;xodoj):  parte conclusiva della tragedia in cui tutti (attori e coro) escono di scena.




I sofisti e la nascita della paidèia

La città è il luogo di attività dei principali protagonisti della cultura greca del periodo: i sofisti, Socrate e Platone.

Socrate

Platone

Il termine sofista indica i primi insegnanti a pagamento degli aspiranti politici. I sofisti intendono insegnare l'areté politica, cioè la tecnica con cui un uomo politico può sostenere in pubblico le proprie tesi e sconfiggere quelle degli avversari. La nuova virtù consiste nell'abilità dialettica e retorica, cioè nell'arte del linguaggio.
Le tecniche insegnate dai sofisti sono due:
  • la dialettica, serrato dialogo tra due o più interlocutori, nel quale ciascuno cerca di provare la validità delle proprie posizioni confutando quelle dell'avversario;
  • la retorica, che consiste in lunghi discorsi con i quali persuadere..

Si può fare anche una distinzione tra dialettica e dialogo.
- Nella dialettica vince solo una parte buona.
- Nel dialogo prevale ciò che è buono ..




Per poter battere un avversario con le tecniche del confronto verbale, non basta l'abilità , ma occorre anche disporre di un vasto sapere. Perciò, accanto alla retorica e alla dialettica,  i sofisti pongono il possesso di un sapere enciclopedico per il successo politico.
In questo modo vengono gettate le basi della paidèia greca, di un insegnamento il cui obiettivo è la cultura generale.

I maggiori rappresentanti dei sofisti ritengono che non esista alcuna verità assoluta:
- Protagora di Abdera afferma: "L'uomo è la misura di tutte le cose, di quelle che sono in quanto sono e di quelle che non sono in quanto non sono"; ciò significa che la verità è quella che gli uomini decidono sia tale.




- Gorgia da Lentini afferma a sua volta: "Nulla è; seppure qualcosa è, non è conoscibile; seppure è conoscibile, non è comunicabile"; quindi secondo Gorgia nulle esiste, l'unica cosa che esiste è il linguaggio. Non è molto diverso dal costruttivismo: tutto quello che noi viviamo, viene costruito.




Per queste parole i sofisti sono stati accusati di scetticismo, perché hanno affermato che non è possibile conoscere nulla con certezza, e di nichilismo, perché hanno affermato che nulla esiste.
Hanno sostenuto, però, l'insegnabilità della virtù (cioè di determinate abilità) a tutti e di conseguenza l'importanza dell'istruzione e dell'educazione. 
Hanno posto l'uomo e la città al centro della loro attenzione filosofica, e nella polis sono stati i primi insegnanti di professione che si sono dedicati alla formazione dell'uomo politico.


Atene e l'educazione del cittadino

Ad Atene prevale il principio della Dike, della giustizia: la polis non è fondata sulla forza, ma sulla legge. L'areté ad Atene coincide dunque con una vita condotta secondo giustizia.
Solone, legislatore propone questo ideale anche attraverso i suoi testi poetici: anzi, a Dike, la giustizia, sostituisce Eunomia, la buona legge.
L'areté è intesa come virtù civica: una forza di rispetto e dedizione verso lo Stato e le leggi.
Atene ha esigenze diverse rispetto a quelle militari. Inoltre, oltre a cittadini maschi, donne e bambini, vi erano moltissimi schiavi e stranieri ad Atene. Votavano solo i cittadini maschi, che rappresentavano una piccola parte della popolazione...
Vengono coltivate oltre all'educazione fisica e alla musica, come a Sparta, anche la lettura e la scrittura. La scuola è privata.
Le figure educative della scuola ateniese sono diverse:

  • grammatistes, insegnante di grammatica e letteratura;

  •  kitharistes, maestro di musica;


  • paidotribes, l'istruttore di ginnastica, che nella palestra prepara all'attività sportiva . Lo sport viene praticato nei gymnasia gestiti dallo Stato. 


I ragazzi vengono accompagnati a scuola da uno schiavo, il pedagogo, colui che guida il fanciullo, mentre le ragazze restano in casa, a differenza di quanto avviene a Sparta.
Il ciclo formativo ateniese si articola in diverse fasi:
  1. formazione in famiglia fino ai 7 anni;
  2. dai 7 anni fino ai 14 i maschi vanno a una scuola elementare di quartiere o a una scuola privata;
  3. dopo le elementari alcuni ragazzi seguono corsi di studio superiori per quattro anni; 
  4. al compimento dei diciotto anni di età avviene l'ingresso nella scuola militare, dove si resta fino ai 20 anni. 
La formazione culturale ad Atene ha quindi come obiettivo il buon cittadino.
Sparta: prevale l'addestramento
Atene: si impone l'educazione.


ECCO LE DIFFERENZE TRA SPARTA E ATENE, RIEPILOGHIAMO:



Sparta e l'educazione del soldato

I due "tipi" di areté (militare-eroica e intellettuale), sono alla base dei modelli pedagogici di due poleis, cioè "città", greche, che si sono fronteggiate nel mondo classico: Sparta e Atene.
Le due città incarnano due modelli politici diversi.







Sparta è una monarchia, perché i re sono due e non hanno funzioni di governo, mentre il vero potere è nelle mani dei cinque efori e di un'assemblea chiamata gherusìa.
Atene è una democrazia, anche se solo una piccola parte della popolazione può partecipare alla vita politica. In accordo con la loro organizzazione politica, elaborano due modelli diversi di educazione.
Sparta ha un'organizzazione di carattere militare e inoltre, la società spartana è divisa in tre classi:
- spartiati = godono di pieni diritti politici e possono dedicarsi all'attività militare e alla guerra, ma non possono svolgere altre attività..
- perièci = uomini liberi, artigiani e commercianti, possono avere proprietà, ma sono privi di diritti politici, perché non sono considerati cittadini.
- ilòti = schiavi senza alcun diritto, in genere sono contadini.

Il cittadino vive per la difesa della propria città e l'educazione ha lo scopo di formare bravi soldati.






In questa polis prevale l'ideale dell'areté eroica.
E' lo Stato che cura la formazione dei ragazzi, che dovranno diventare soldati coraggiosi.
A Sparta la formazione è scandita in questo modo, per i bambini che hanno superato la "selezione" iniziale (i neonati malformati vengono uccisi):

  • in famiglia dalla nascita fino ai 7 anni d'età;
  • dai sette anni in poi lo Stato sottrae i figli maschi alle famiglie, inserendoli in fratellanze, gruppi che cambiano per fasce d'età: fanciulli (7-11 anni); ragazzi (12-15 anni); éirenes o efebi (16-20 anni): si tratta di scuole militari;
  • a 20 anni i giovani fanno ingresso nell'età adulta

L'istruzione mira all'irrobustimento del corpo e all'addestramento militare

I giovani, divisi in sotto-gruppi, fanno capo a un paidonomus = colui che detta legge al fanciullo.
E' un magistrato che cura la formazione militare...
Nel periodo dell'efebato, i giovani vengono sottoposti a dure prove di resistenza fisica, per esempio: come ci informa Plutarco nella Vita di Licurgo, c'è quella di "rubare" legna o erbaggi negli orti: chi viene scoperto è punito a staffilate, non perché abbia rubato, ma perché si è fatto scoprire.
I maschi spartani all'età di 18-20 anni devono superare difficili prove di adattamento e mostrare abilità militari e di comando.
Musica, marcia, ginnastica sono gli insegnamenti principali e le maggiori attenzioni sono dedicate allo sviluppo delle doti fisiche. I giovani devono sapere soprattutto gli inni di guerra.

Anche le ragazze vanno a scuola all'età di 6-7 anni, entrando in sorellanze. Sono sottoposte a dure prove, che hanno lo scopo di temprare i loro corpi affinché partoriscano figli forti.




Ecco altre piccole informazioni sulle donne spartane:




1. Erano cittadine di Sparta.
Diversamente dai Perieci, un gruppo autonomo di abitanti liberi di Sparta, o dagli Iloti, essenzialmente degli schiavi di proprietà dello Stato, le donne di Sparta erano considerate Spartiati, cioè cittadine a pieno titolo. Erano esenti dal lavoro manuale, potevano possedere la terra, accumulare ricchezza e avevano diritto a un’istruzione.
2. Potevano vestirsi in modo succinto.
Gli abiti delle donne spartane erano notoriamente succinti per la loro epoca, permettendo loro di scoprirsi anche le cosce. Questo era ritenuto accettabile in quanto le donne, come gli uomini, avrebbero dovuto essere modelli di forma fisica. Gli Spartani credevano che più forte fosse la madre, più forte era il figlio. I capelli lunghi erano però vietati.
3. Dovevano lasciare i loro figli in giovane età.
Per quanto a Sparta fosse un onore per una donna fare un figlio (in particolare un ragazzo), ciò comportava anche un grande “onere emotivo”. Per cominciare, in una società che praticava l’eugenetica – cioè lo studio dei procedimenti volti al perfezionamento del patrimonio genetico di una “razza” uccidendo bambini “inferiori” – un consiglio di anziani doveva giudicare se i neonati erano abbastanza in forma per vivere.
I figli maschi ritenuti idonei venivano strappati dalle loro madri all’età di appena sette anni e inseriti nella agoghé – un sistema educativo estremamente duro che li avrebbe preparati come soldati.
4. La prima donna a vincere alle Olimpiadi era una spartana.
Inizialmente i giochi Olimpici erano esclusivamente riservati ai concorrenti di sesso maschile, ma gli Spartani, che a differenza degli Ateniesi e degli altri Greci si vantavano della prestanza fisica delle donne, cambiarono questa ‘regola’.
Fu la principessa spartana Cynisca a diventare la prima vincitrice delle Olimpiadi quando vinse la corsa delle quadrighe, non solo una ma ben due volte, nel 396 e nel 392 a.C.
5. Si aspettavano che i figli trionfassero o morissero sui campi di battaglia.
Una famosa citazione di una donna spartana, riportata da Plutarco, è che alla partenza per una battaglia le madri avrebbero detto ai loro figli di tornare “con i loro scudi, o sopra di esso”. O con lo scudo in mano e trionfante, o trasportato sopra lo scudo, morto.
Plutarco scrive anche di donne spartane che uccidevano i loro figli qualora si fossero dimostrati codardi, o che celebravano i loro morti se questi cadevano sul campo di battaglia. L’ethos di Sparta era chiaramente radicato nella mente delle donne.
6. L’onore più grande per una spartana era morire durante il parto.
C’era un solo modo per cui uno Spartano poteva avere il suo nome inciso nella sua lapide, ed era morire in battaglia.
L’equivalente per una donna era invece di morire adempiendo al suo dovere divino per Sparta: partorire.
7. Si “gareggiava” a chi faceva più figli.
Non era proprio la Russia sovietica – in cui le donne ricevevano una medaglia se davano alla luce più di 10 bambini – ma se una donna spartana partoriva tre o più figli, veniva premiata con speciali privilegi e “status”, in modo simile ai soldati veterani che avevano trionfato più volte sui campi di battaglia


mercoledì 14 febbraio 2018

Esiodo e l'areté del mondo contadino

Omero


Esiodo


Accanto a Omero va ricordato Esiodo, il poeta più antico della Grecia continentale, del quale furono famose le opere: Teogonia e le Opere e i giorni, che all'inizio venivano considerate soltanto un "assemblaggio di poesie".

Nella Teogonia, un poema in 1022 versi, forse incompiuto, Esiodo, dopo aver brevemente parlato dell'origine dell'universo, elenca le generazioni degli dèi (questo il significato del titolo) corrispondenti ai tre periodi della storia del mondo: Urano, Crono, Zeus.





Le Opere e i giorni sono un poema di 828 versi, più unitario della Teogonia.
Nelle Opere vengono affrontati i due concetti fondamentali del lavoro e della giustizia, esposti ricorrendo al mito di Prometeo (punito per aver rubato il fuoco agli déi) e a quello delle cinque età degli uomini (età dell'oro, dell'argento, del bronzo, degli eroi, del ferro): oltre alle esortazioni al lavoro e alla giustizia sono presenti consigli di morale e di economia; seguono i precetti sui lavori agricoli e sulla navigazione e infine i consigli per il matrimonio e i rapporti con gli amici.
Stiamo parlando, quindi di areté del mondo contadino greco delle origini.





Opere secondarie

Esiodo si occupò per primo di una nuova poesia: la poesia "didascalica" cioè tesa ad insegnare. Essendo una grandissima personalità, come avvenne per Omero, attirò a sé una discreta quantità di opere non sue. Si riporta di seguito la lista completa delle opere minori, di cui però, come si è detto, spesso è diffuso il sospetto (o la certezza) che si tratti di scritti apocrifi.

Le caratteristiche dell'opera esiodea sono tre:
  • Ideologia: la proposta di Esiodo si colloca nell'VIII secolo a.C. e dobbiamo quindi proiettare la sua opera nel pensiero del tempo; è il primo autore greco a tentare di mettere per iscritto l'antica mitologia teologica e a farlo con la consapevolezza di essere un poeta vate. Fino ad allora nessuno aveva provato ad introdurre un concetto teologico e teogonico (Teogonia), affiancandolo ad un complemento etico (Le Opere e i Giorni). Ciò pone in risalto l'evidente complementarità delle due opere principali di Esiodo.
  • Sociologia: Esiodo è stato giustamente definito da alcuni il poeta degli umili. Egli infatti compone un'opera, Le Opere e i Giorni, che suona come una critica contro l'inerte oziosità dell'aristocrazia; inoltre, è la prima volta che i ceti inferiori trovano spazio nella poesia epica greca.
  • Poetica: Esiodo configura in modo assolutamente inedito l'attività poetica. Mentre l'epica tradizionale era oggettiva e impersonale, senza un autore dichiarato, Esiodo porta l'epica verso un orizzonte a noi più consono: egli si dichiara poeta e rende la poesia soggettiva e personale, le conferisce un'individualità storica. Inoltre, se l'epica tradizionale aveva una funzione edonistico-pedagogica, in Esiodo la poesia acquista un timbro schiettamente didascalico: Esiodo si fa maestro di sapienza, poeta vate; la poesia diviene magistero sapienziale, ponendo le basi di una radice ineliminabile nella cultura occidentale.

L'educazione nel mondo greco: i poemi di Omero

Il liceo è una tipologia di scuola secondaria, come sa bene ogni studente.
L'Accademia è un'istituzione di insegnamento superiore (l'Accademia delle belle arti). Sono accademie anche istituzioni culturali antiche, come l'Accademia della Crusca, che si occupa della storia e dell'evoluzione della lingua italiana.
"Liceo" e "Accademia" sono parole di origine greca, che già millenni fa indicavano le istituzioni educative fondate da due filosofi: l'Accademia di Platone e il Liceo di Aristotele.

Una veduta generale del liceo di Aristotele: 




 L'Accademia di Platone:


Accademia di Platone (dall'esterno)


Accademia di Platone (interno)


Le testimonianze più antiche di una qualche forma di educazione provenienti da quest'area sono i miti. In particolare sono giunti fino a noi due poemi: l'Iliade e l'Odissea.




I poemi sono grandi narrazioni di personaggi eroici. 
L'Iliade e l'Odissea sono attribuite a un cantore cieco: Omero. Ha goduto di una fama enorme nel mondo greco (tanto che il filosofo ateniese Platone lo  considera il primo grande educatore). 
Nei poemi omerici compare il concetto di areté. Questo termine significa la virtù, non esclusivamente nel senso di virtù morale (essere buoni, giusti ecc.), ma nel senso di capacità o abilità. Esistono quindi varie areté.
L'Iliade racconta l'assedio della città di Troia, in Asia Minore, a opera degli Achei: qui ci troviamo di fronte all'areté guerriera. Gli eroi sono esempi, modelli educativi di virtù belliche: inseguono onore e fama.
L'Odissea narra invece delle peregrinazioni attraverso il Mediterraneo di Ulisse, che con i propri compagni, si trova in situazioni difficili che richiedono, oltre al coraggio e alla forza, una buona dose di astuzia e intelligenza. Quindi si può dire che in quest'opera prevalga l'areté intellettuale. 


La funzione educativa di questi poemi è quella di presentare esempi di virtù da seguire.  



L'educazione nel mondo classico



La scuola, nata presso le civiltà più antiche, assume ad Atene e Roma i caratteri che la contraddistingueranno fino ai nostri tempi...
Il mondo classico ha lasciato in eredità l'ideale di un'educazione che riguarda la persona nel suo insieme e non si limita alla trasmissione di nozioni.
Proprio per questo, la cultura classica ha valorizzato quelle discipline che, come la filosofia e la letteratura, parlano dell'uomo e propongono esempi virtuosi da imitare.


Perché studiare le lingue classiche ??




Senza voler entrare nello specifico, lo studio portò alla creazione di 5 obiettivi (goals), ciascuno diviso in due ulteriori obiettivi (standards) volti a provare l’effettivo raggiungimento del singolo goal. Di seguito elenchiamo i singoli obiettivi.


Lo studio divide poi ogni singolo standard in ulteriori sottolivelli (beginners, intermediate, advanced students) per il raggiungimento dei singoli obiettivi.
L’obiettivo 1.2 degli Standards (“gli studenti parlano, ascoltano, scrivono latino e greco come parte del processo di acquisizione linguistica”) prevede in modo molto chiaro la produzione orale e scritta della lingua con finalità di acquisizione.
Alcuni dei punti sono poi stati integrati, negli anni successivi, sulla base di tutta una riflessione relativa alle tecniche didattiche, ma sono rimasti sostanzialmente validi.
Lo studio tende a precisare come i vari goals non sono (e non possono essere) separati tra loro meccanicamente, ma anzi, come viene mostrato nell’immagine sottostante, sono collegati in una catena in cui alcuni anelli sono collegati ad altri (ma non tutti con tutti gli altri), presupponendo che ognuno comunichi direttamente solo con altri due, ma in una forma chiusa in cui la rottura di un anello causa il mancato raggiungimento di tutti gli altri goals.


Tutto lo studio mira a spostare gli obiettivi su un piano di riflessione pratica in contesti reali e moderni. Onestamente ritengo che la chiave degli studi classici sia nei goals 4 e 5, che spingono verso la capacità di analisi critica del mondo moderno attraverso la stessa capacità, che lo studente ha sviluppato, di leggere il mondo antico.


Primavera, estate, autunno, inverno... e ancora primavera




Il film è diviso in 5 segmenti (le cinque stagioni del titolo), e ogni segmento descrive una fase differente della vita di un monaco buddista.

monaco buddista

Primavera

La storia comincia con la presenza di un anziano monaco e del suo giovanissimo discepolo, che vivono in un eremo galleggiante al centro di un laghetto. Il novizio è il protagonista del film. Durante la "primavera" della sua esistenza, il giovane novizio scopre l'importanza e il rispetto della vita, grazie soprattutto alla rigida educazione impostagli dal suo maestro. Infatti questo, per punire il bambino per il suo atteggiamento violento e cinico nei confronti di alcuni animali del bosco, lo punisce infliggendogli la stessa pena. In questa parte del film, nell'eremo è presente un cane.



Estate
La vita del giovane monaco, divenuto ormai un adolescente, viene stravolta dall'arrivo nell'eremo di una donna con sua figlia, anche lei adolescente ma malata. Alla richiesta della madre, il vecchio monaco accondiscende a che la ragazza resti nel monastero per poter curare il suo male, anche se il maestro ritiene che il problema non sia fisico, bensì interiore. La presenza della ragazza turba profondamente il giovane monaco, al punto che i due cederanno alle loro tentazioni, apparentemente all'insaputa del vecchio monaco. Il giovane monaco, innamorato della ragazza ormai guarita e partita per tornare nel mondo "reale", scapperà dall'eremo per poterla raggiungere. In questa "stagione", nell'eremo è presente un gallo.


Autunno

Il vecchio monaco continua la sua vita solitaria nell'eremo e, per caso, scopre su una pagina di giornale che un trentenne è in fuga dopo aver ucciso sua moglie per gelosia. Il fuggitivo è proprio il giovane monaco, che si rifugia nell'eremo presso il suo maestro, e dove tenta anche il suicidio ma è prontamente fermato dal vecchio. In questa parte del film, nell'eremo è presente un gatto bianco. Per aiutare a ritrovare la pace interiore, il vecchio monaco assegna al giovane un lavoro di grande calma e meticolosità: incidere nel legno del basamento del tempio l'intero testo cinese del Sutra del Cuore della Perfezione della Saggezza, che egli stesso dipinge sul legno usando la punta della coda del gatto come pennello. Intanto, però, due poliziotti riescono a scovare il giovane omicida ma accettano, su richiesta del maestro, di portarlo via solo a lavoro concluso. L'indomani mattina il giovane termina il lavoro e parte con i due poliziotti. Tempo dopo il vecchio monaco, ormai invecchiato e debole, decide di mettere fine alla sua vita, consapevole di aver adempiuto al suo compito, dandosi fuoco su una pira funebre nella sua barca al centro del lago. Dalla barca esce un serpente, che entra nell'eremo.







Inverno

Ormai divenuto un uomo maturo, il discepolo del defunto maestro torna all'eremo, dove tutto è ghiacciato per il freddo, con il serpente lì ad aspettare. Dopo aver scoperto la fine del proprio maestro, il monaco comincia ad esercitarsi nelle arti marziali. Ma la sua vita cambia allorquando una giovane donna lascerà nel convento alle attenzioni del monaco, il suo piccolissimo figlio. Questa mentre cerca di allontanarsi nel cuore della notte, cade in un buco nel lago ghiacciato che il monaco aveva scavato in precedenza per estrarre l'acqua per bere e lavarsi, e finisce annegata. Il giorno successivo il monaco ritrova il suo cadavere, e reagisce legando al suo corpo la grande pietra circolare del monastero e si arrampica sulla sommità della montagna circostante più elevata portando un'altra statua, che dispone lì, rivolta verso il lago.



... e ancora primavera

Il ciclo della vita riprende: il monaco si prenderà cura del bambino, che intanto è cresciuto, così come il vecchio defunto monaco aveva fatto tempo addietro con lui. Stavolta nell'eremo è presente una tartaruga.


Cerchiamo di capire il significato del Sutra del Cuore della Perfezione della Saggezza...



Il testo consiste di soli quattordici śloka (versi) nella versione in sanscrito e 260 caratteri nella versione cinese più diffusa. 
L'argomento del sutra è la formulazione la dottrina della "vacuità" (o letteralmente: "vuotezza", sanscrito śūnyatā) ovvero la insostanzialità (o non esistenza intrinseca) di tutti i fenomeni. I dharma, resi in italiano come "fenomeni" comprendono sia gli oggetti dei sensi, che rientrano nel mondo fenomenico della filosofia occidentale, ma anche gli oggetti del pensiero (intendendo la mente come organo di senso) e, per questo, il campo coperto dal concetto di "dharma" è molto più ampio.
 La vacuità dei fenomeni è intesa sia per il fatto che essi sono privi di realtà intrinseca sia perché sono condizionati da altro da sé.
 La visione profonda rivela l'insostanzialità (śūnyatā) dei cinque skandha (elementi): forma (o materia, rūpa), sensazione (vedanā), percezione (saṁjñā), discriminazione (aggregati o costrutti mentali, samskārā), e coscienza (vijñāna); cioè tutte le parti in cui tradizionalmente è articolata, secondo la filosofia buddhista, la realtà fisica e psichica.
Ecco alcune traduzioni del sutra:
色不異空,空不異色;色即是空,空即是色: "La forma non è diversa dal vuoto, il vuoto non è diverso dalla forma, la forma è proprio tale vuoto, il vuoto è proprio tale forma".
La versione di Xuánzàng:
色不離空,空不離色,色即是空,空即是色,是色彼空,是空彼色: "La forma non è distinta dal vuoto, il vuoto non è distinto dalla forma; la forma è proprio tale vuoto, il vuoto è proprio tale forma; se questa è la forma tale è il vuoto, se questo è il vuoto tale è la forma"
A questo punto Avalokiteśvara svela che tutti i dharma sono vuoti e:
« 不生不滅、不垢不淨、不增不減
"non nati né distrutti, non puri né impuri, non si accrescono né decrescono" »
Questa affermazione, che smentisce clamorosamente la realtà così come intesa dai sensi, va letta tenendo presente che il "punto di vista" proviene dal piano della Prajñāpāramitā, la Perfezione della Saggezza.
Nel seguito del sūtra la stessa insostanzialità viene rilevata per i sei sensi (cinque sensi più l'aspetto mentale), per gli oggetti dei sensi e infine per le stesse Quattro nobili verità:
« 無苦集滅道 (sanscrito: na duḥkha samudaya nirodha marga)
"Non v'è Sofferenza, né Causa, né Liberazione, né Via [che vi conduca]"

Dopodiché il sūtra introduce il tema, tipicamente Mahāyāna, della via del Bodhisattva, Essere illuminazione:
« 菩提薩埵,依般若波羅密多故,心無罣礙
"I bodhisattva, prendendo rifugio nella Perfezione della Saggezza, sono privi di barriere mentali" »
Le "barriere mentali" rimanda ai concetti espressi dalla scuola Vijñānavāda, nota per essere considerata il "Terzo giro della Ruota del Dharma". Ed è solo grazie a tale visione priva di barriere, continua il sūtra, che essi:
« 遠離顛倒夢想,究竟涅槃
"vedono al di là delle illusioni e infine giungono al Nirvāṇa". »
e raggiungono l'Anuttarā-saṃyak-saṃbodhi, la "perfetta e insuperabile liberazione".

Il sūtra si conclude, svincolandosi da qualsiasi pensiero discorsivo e dalla logica sin qui seguita e introducendo, con un crescendo di aggettivi, il mantra finale.

Ancor più famoso del testo stesso è il mantra conclusivo, definito come "Mahāmantro, mahā-vidyā mantro, ‘nuttara mantro samasama-mantrah", cioè "Il grande mantra, il mantra della grande sapienza, supremo, incomparabile, che libera da ogni sofferenza...

Cosa rappresentano gli animali diversi per ogni stagione ?

il gallo



Il gallo era legato all'esplosione del giovane durante l'estate.


Il gatto



Il sutra della redenzione, tracciato in nero con la sua coda, pare contrapporsi alla purezza del pelo bianco, così come le condizioni fisiche del felino stesso paiono profondamente legate a quelle dell'allievo ritornato.


Il serpente



Al contrario dell'iconografia consueta del "nostro" occidente, assume qui un significato non "positivo", ma certo non legato al peccato e al male, anzi più alla natura e alla sua bellezza e crudeltà..

Il cane



Si credeva anche che il cane fosse in grado di proteggere gli umani dagli spiriti cattivi, dalle malattie, dai fantasmi e dalle apparizioni malvagie, e anche di avvertire l'arrivo di disastri imminenti e di prevenirli...
Probabilmente, si collega al comportamento del bambino verso gli animali..


La tartaruga



Era considerata un animale sacro che metteva in contatto il cielo con l'essere umano. Era inoltre un' emblema di longevità, felicità, stabilità e forza.


Che cosa significa "satori" ?

Il satori è il momento dell'illuminazione nella pratica del Buddismo Zen, momento in cui l'intera esperienza personale e cosmica è proiettata in un unico istante, che porta ad un annullarsi cosciente del soggetto, non derivante da una rinuncia al mondo esterno ma dalla partecipazione ad esso tramite l'atto puro. Tale processo è ben espresso dalla forma poetica dell'haiku.

Il simbolo



Indica l'esperienza del risveglio inteso in senso spirituale, nel quale non ci sarebbe più alcuna differenza tra colui che si "rende conto" e l'oggetto dell'osservazione.